Il diritto è, di per sé, un oggetto complicato: ci sforziamo di immaginarlo come qualcosa di neutrale, di obiettivo, in grado di operare secondo automatismi. E invece, proprio in quanto prodotto dell’individuo, è fatto di ingranaggi culturali, immaginari sociali, stereotipi, che agiscono e operano secondo categorie, presunzioni, modelli continuamente costruiti dalla realtà materiale in cui esso vive.
Questa premessa vale, a maggior ragione, per il diritto penale: possiamo davvero credere che il diritto penale sia uno strumento che si limita a fissare, registrare, misurare i reati attraverso risposte esclusivamente tecniche? Oppure è necessario chiederci quali immaginari, quali categorie e quali gerarchie simboliche operino silenziosamente nelle pratiche punitive?
Nel corso di Teorie criminologiche e rappresentazioni di genere interrogheremo questi temi, chiedendoci non tanto cosa siano il crimine o la punizione, quanto in che modo si costruiscano i processi di criminalizzazione e la punibilità.
Per adottare questa piccola variazione di sguardo – da cosa si criminalizza a come si criminalizza – è però necessario spostare l’attenzione su quali categorie producono questo “come”. E qui il genere diventa un caso esemplare: nella sua costruzione sociale, simbolica e linguistica, esso orienta aspettative, influenza interpretazioni, attribuisce ruoli. Mostra, cioè, in maniera particolarmente nitida, che la punibilità non costituisce un dato naturale, ma una costruzione: il diritto non soltanto descrive o regola la realtà sociale, ma partecipa alla sua organizzazione.
Questo corso vuole offrire strumenti teorici e analitici per imparare a comprendere come tali categorie agiscano giuridicamente – nella dottrina, nelle pratiche giurisprudenziali, nel discorso pubblico – con l’obiettivo di coglierne i meccanismi sottesi e, al tempo stesso, acquisire la capacità critica di analizzarli con consapevolezza.
[Per i dettagli del Corso, consultare il Syllabus: https://diges.unicz.it/personale/docente/claudiaatzeni]